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Responsabilità Guida Alpina-Evento valanghivo- Decesso clienti - Sussistenza Criteri di giurisdizione in materia di responsabilità da fatto illecito in ambito comunitario. In applicazione del criterio di cui al dettato ex art. 5 n. 3 del Regolamento CE n. 44/2001 secondo cui “la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro (…) in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”, ed in relazione al dettato normativo di cui all’art. 4 n. 1 del Regolamento CE n. 864/2007, secondo cui “salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto” viene in considerazione il medesimo criterio di collegamento, che deve essere perciò accertato nella fattispecie concreta in termini coerenti secondo principi del tutto analoghi. In sede di interpretazione la Suprema Corte ha da tempo chiarito che il disposto va interpretato nel senso che per tale luogo deve intendersi quello in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima (Cass. Civ. SS.UU. Ordinanza n. 8076/2012- Cass. Civ. SS.UU Ordinanza 16065/2014). Nella fattispecie il luogo di verificazione del sinistro, che ha portato al decesso di un membro del gruppo di escursionisti di nazionalità inglese, accompagnati da una guida inglese, è la Valle di Rhemes in Valle d’Aosta, sussiste pertanto la giurisdizione italiana. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* Legge sostanziale applicabile in materia di responsabilità da fatto illecito in ambito comunitario. In applicazione del dettato di cui all’art. 26 del Regolamento CE n. 864/2007 “l’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro”. Come ritenuto dalla Suprema Corte in sede di disamina della legge austriaca applicabile a fattispecie analoga a quella in esame, poiché “agli effetti del diritto internazionale privato, l’ordine pubblico che, anche ai sensi dell’abrogato art. 31 delle preleggi, applicabile ratione temporis , impedisce l’ingresso nell’ordinamento italiano della norma straniera che vi contrasti si identifica con l’ordine pubblico internazionale, da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo”, in tale accezione esso è ostativo all’applicazione nell’ordinamento italiano dell’art. 1327 ABGB (Codice Civile Austriaco), che limita il risarcimento in favore dei congiunti di persone decedute a seguito di fatto illecito al solo danno patrimoniale ed esclude la risarcibilità del danno cosiddetto parentale, venendo in rilievo l’intangibilità delle relazioni familiari, ossia un valore di rango fondamentale, riconosciuto anche dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 7 della Carta di Nizza, per il quale il risarcimento rappresenta la forma minima ed imprescindibile di tutela (Cass. Civ. sentenza n. 19405/2013). Nella fattispecie deve ritenersi applicabile la legge italiana ai fini della valutazione del danno non patrimoniale denunciato dai congiunti della vittima, risultando inapplicabile in Italia la normativa inglese in tema di liquidazione forfettaria del danno non patrimoniale da morte in favore del solo congiunto della vittima. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* La posizione di garanzia della Guida Alpina. La Guida Alpina è titolare di una posizione di garanzia, in ragione della quale egli è tenuto: a) a verificare la presenza dei partecipanti all’escursione valutando l’esperienza e le capacità acquisite e la compatibilità degli stessi con le caratteristiche ed i livelli di rischio dell’escursione programmata; b) a scegliere il percorso più adeguato per raggiungere la meta concordata, in rapporto, non solo, alle capacità tecniche degli escursionisti ma, anche, alle effettive condizioni meteorologiche e ambientali, con la conseguente necessità di modificare la programmazione iniziale ove esse subiscano dei mutamenti. Ed infatti, nei reati colposi omissivi impropri, come nella correlativa fattispecie civile di illecito, l’addebito della responsabilità presuppone l’individuazione di una posizione di garanzia da cui discenda l’obbligo giuridico di impedire l’evento, il quale si caratterizza rispetto agli altri obblighi di agire in ragione della previa attribuzione al garante degli adeguati poteri di impedire accadimenti offensivi di beni altrui (Cass. Pen. Sentenza n. 22614/2008). Nella fattispecie è stato accertato che il distacco valanghivo da cui è stata travolta la vittima e quindi l’evento lesivo risulta determinato proprio per l’avveramento dei fattori di rischio specifico evidenziati e descritti nel bollettino nivo-meteorologico. Sono risultate pertanto evidenti l’imperizia ed imprudenza della guida nella valutazione delle condizioni ambientali e metereologiche in cui ha condotto l’escursione, nonché nella scelta di proseguire la salita su terreno specialmente segnalato a rischio, in orario incongruo, conducendo un gruppo di clienti inesperti. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ****************************************************************************** Responsabilità nell’ ambito di esercizio di attività pericolosa. In materia di responsabilità per esercizio di attività pericolose occorre sempre distinguere tra pericolosità della condotta e pericolosità dell’attività in quanto tale: la prima riguarda un’attività normalmente innocua, che assume i caratteri della pericolosità a causa della condotta imprudente o negligente dell’operatore, ed è elemento costitutivo della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c.; la seconda concerne un’attività che, invece, è potenzialmente dannosa di per sé per l’alta percentuale di danni che può provocare in ragione della sua natura o della tipologia dei mezzi adoperati e rappresenta una componente della responsabilità disciplinata dall’art. 2050 c.c. La distinzione tra pericolosità della condotta e pericolosità dell’attività comporta un accertamento di fatto, perché, nel primo caso, si tratta di verificare il grado di efficienza dei mezzi utilizzati (Cass. Civ. sentenza n. 20357/2005). Più chiaramente deve ritenersi in merito che “ai fini dell’applicazione dell’art. 2050 c.c. la valutazione in concreto se un’attività, non espressamente qualificata pericolosa da una disposizione di legge, possa essere considerata tale per la sua natura o la spiccata potenzialità offensiva dei mezzi adoperati, implica un accertamento di fatto secondo il criterio della prognosi postuma, in base alle circostanza esistenti al momento dell’esercizio dell’attività, rimesso in via esclusiva al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità ove correttamente e logicamente motivata” (Cass. Civ. sentenza n. 10268/2015). Nella fattispecie l’esposizione del soggetto rimasto vittima del sinistro ad una situazione di elevatissima pericolosità deve ritenersi derivato non già da fattori intrinseci all’attività sportiva praticata, ma piuttosto dalle condizioni in cui detta attività, sotto la guida professionale del convenuto, è stata svolta in spregio a regole fondamentali di prudenza e perizia. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* Rilevanza dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nel procedimento civile. La sentenza penale di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p., pur non implicando un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile, contiene pur sempre una ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza adeguatamente motivare, sicché la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall’onere della prova (Cass. Civ. SS.UU. sentenza n. 17289/2006; Cass. Civ. SS.UU. n. 21591/2013). Nella fattispecie il capo di imputazione ex art. 41 e 589 c.p. era formulato proprio con specifico riferimento agli elementi di fatto accertati in sede civile ed in particolare l’imprudenza, negligenza ed imperizia integrate nell’intraprendere l’escursione sci alpinistica in condizioni meteorologiche sfavorevoli (le condizioni del giorno dell’escursione e dei giorni precedenti erano caratterizzate da nevicate, vento e basse temperature, il bollettino valanghe indicava pericolo valanghe di livello 4), in orario sconsigliato (tardo pomeriggio, versante sottoposto ad irraggiamento solare con conseguente escursione termica), nella scelta dell’itinerario. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* Liquidazione del danno non patrimoniale. La categoria generale del danno non patrimoniale presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti o voci aventi funzioni meramente descrittiva, quali il danno morale, quello biologico e quello esistenziale, dei quali, ove essi ricorrano cumulativamente, occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno in ossequio al principio dell’integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto venga computato due volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni (Cass. Civ. sentenza n. 1361/2014). Dalle Sezioni Unite del 2008 si è preso atto che il danno biologico è normativamente definito in termini di lesione psico-fisica accertabile in sede medico-legale, mentre il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni (Cass. Civ. SS.UU. n. 1361/2014). Il danno morale, inteso quale lesione della dignità o integrità morale, massima espressione della dignità umana, assume specifico e autonomo rilievo nell’ambito della composita categoria del danno non patrimoniale, anche laddove la sofferenza interiore non degeneri in danno biologico o in danno esistenziale (Cass. Civ. sentenze n. 9320/2015; n. 11851/2015). La liquidazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare deve avvenire in base a valutazione equitativa, vertendosi in tema di lesione di valori inerenti alla persona, in quanto tali privi di contenuto economico, e deve tener conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni altro ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti (Cass. Civ. sentenza n. 1410/2011) Nella fattispecie il Tribunale ha ritenuto di dover distintamente considerare da un lato la posizione del coniuge e dei figli superstiti e dall’altra quella dei genitori e della sorella venendosi a connotare il pregiudizio riportato dalle due categorie indicate di familiari in termini del tutto diversi, tenuto conto dei principi che debbono ritenersi ormai acquisiti in relazione all’onere probatorio a carico dei soggetti danneggiati. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* Liquidazione del danno patrimoniale. A norma dell’art. 2043 c.c. ai prossimi congiunti di un soggetto, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo compete il risarcimento del danno anche patrimoniale, purché sia accertato in concreto che i medesimi siano stati privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a beneficiare in futuro e pertanto nella liquidazione del danno futuro derivante dalla morte di un congiunto possono legittimamente computarsi, tra l’altro, le sovvenzioni elargite in vita dal de cuius, purché delle stesse risulti legittimamente predicabile, con certezza o con rilevante grado di probabilità, il carattere della durevolezza e della costanza, e non anche della mera saltuarietà ed occasionalità. I danni patrimoniali futuri risarcibili sofferti dal coniuge di persona deceduta a seguito di fatto illecito, ravvisabili nella perdita di quei contributi patrimoniali o di quelle utilità economiche che il defunto avrebbe presumibilmente apportato, assumono l’aspetto del lucro cessante, ed il relativo risarcimento è collegato ad un sistema presuntivo a più incognite, costituite dal futuro rapporto economico tra i coniugi e dal reddito presumibile del defunto, ed in particolare dalla parte di esso che sarebbe stata destinata al coniuge; la prova del danno è raggiunta quando, alla stregua di una valutazione compiuta sulla scorta dei dati ricavabili dal notorio e dalla comune esperienza, messi in relazione alle circostanze del caso concreto, risulti che il defunto avrebbe destinato una parte del proprio reddito alle necessità del coniuge o avrebbe apportato al medesimo utilità economiche anche senza che ne avesse bisogno. Nella fattispecie è stato accertato che la moglie e i figli della vittima dell’illecito, proprio perché privi di redditi propri, beneficiavano continuamente degli apporti economici del de cuius per tutte le esigenze di vita e quindi avrebbero necessitato di tale contributo anche per il futuro. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris ******************************************************************************* Quantificazione del danno da lucro cessante. Il danno da ritardo e cioè il lucro cessante provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma deve essere provato dal creditore. La prova può essere riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi e quindi anche mediante l’attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive inerenti alla prova del pregiudizio subito per il mancato godimento, nel tempo, del bene o del suo equivalente in denaro. La Suprema Corte ha evidenziato che poiché il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valore, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal giorno in cui si è verificato l’evento dannoso. La rivalutazione ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale di cui il danneggiato godeva anteriormente all’evento dannoso, mentre il nocumento finanziario (lucro cessante) da lui subito a causa del ritardato conseguimento del relativo importo può essere liquidato con la tecnica degli interessi. Nella fattispecie vengono in evidenza i profili di internazionalità dovendosi considerare che gli aventi diritto al ristoro risiedono stabilmente in Inghilterra e perciò verosimilmente avrebbero investito il capitale conseguito a titolo risarcitorio del danno, applicando il tasso medio di rendimento dei titoli nel Regno Unito. Massima fornita dall'avv. Nicole Joris
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